IL RICHIAMO DELL'AQUILA NERA
“E’ tutto finito, ispettore……possiamo andare.”
Il sangue che fa da tappeto ai corpi delle due donne sembra lo sfondo inevitabile di un massacro che si è manifestato in tutta la sua surreale disumanità.
L’assassino è qui, molto vicino a me, che guarda sbalordito le facce di tutti, quasi come cercasse di spiegare che è lui il genio e che gli altri sono tutti folli.
E' il marito della donna che ora giace al suolo ed è il padre di quell’angelo appollaiato vicino alla madre con gli occhi chiusi che non hanno avuto nemmeno il tempo di riconoscere la violenza. Un infame, si sarebbe detto. Un carnefice. E sicuramente nessuno avrebbe avuto da obiettare.
Ne ho viste moltissime di scene così terrificanti, ma questa immagine snaturale mi mette addosso una stranissima sensazione di disagio. Sono l'ispettore, quello che deve sempre tenere la calma, amministrare gli eventi. Ma in questo momento sento mancarmi quell'autocontrollo che pure mi è sempre appartenuto.
Anch’io ho una moglie. Anch'io ho una figlia. E quel quadro di vita bruciata, come si brucia un fiammifero, sta aprendo in me conflitti devastanti. Avverto un senso di cedimento, una sbandata. Un vortice di angoscia mi attira nel suo imbuto. Il mio volto sembra un ritratto, una paralisi, una maschera di carbonio che mi attraversa il cervello e mi lascia senza forze. Ne avevo viste veramente tante.....ma forse sto invecchiando. Il mio stato decadente non lascia spazio ad altre ipotesi, la serenità è un sentimento che per averlo adesso pagherei mille volte di più il suo reale vero, già di per se immenso. Sembra quasi che sto crollando, ma vengo trafitto da un senso di semi-ipnosi. Il silenzio del mio corpo è uno scudo che ostruisce il grido della mia anima.
Riesco a distinguere tutti, a capire saltuariamente cosa accade intorno a me, riesco a guardare e conoscere, ma è come se io stessi in un altro posto. Non riesco a intervenire, ad irrompere nella vita, ad uscire da questa barriera di immobilismo mentale nella quale mi sono imbattuto.
Sono l’ispettore, devo pur dare qualche spiegazione a tutti. Ma questa donna che sembra guardarmi con occhi dannati mi trascina nelle pieghe di una vita passata a scovare assassini di vittime innocue. In questo viaggio nel mio archivio mnemonico mi sembra di ascoltare tutti i richiami di aiuto delle persone trafitte dalla violenza. Sono solo un ispettore, non certo un eroe, ma la mia coscienza inizia a pesarmi come un macigno insanguinato. Non sono io la vittima. Non sono io il carnefice. O forse sono entrambe le cose.
I giornalisti, certo, sono qui. A stilare articoli su articoli, pezzi a nove colonne. La tragedia familiare fa sempre spessore in un giornale di cronaca, le vendite sarebbero raddoppiate; i fotografi imperterriti ad illuminare la stanza con i lampi di luce dei loro attrezzi: anch’io ne ricevo parecchi, d’altronde (senza falsa modestia) sono stato un protagonista in questa faccenda, quasi l'elemento determinante, il valore aggiunto. Ma le luci della ribalta non mi sono mai piaciute, nè tantomeno mi piacciono in quest'occasione. Così con un cenno della mano invito i reporter a spostare i loro obiettivi, magari sulle vittime; gli agenti, i miei agenti, fermi accanto ai corpi inanimi, di tanto in tanto mi guardano come per attendere l’ordine che li permetta di portare il criminale in carcere; poi i periti, i medici, che devono solo limitarsi a constatare il decesso per armi da taglio, considerando che non ci sono da rilevare tracce o orme digitali.
Non so se qualcuno si sarà accorto di questo mio stato di perdurante insensibilità, di questo mio aspetto da fantoccio. Un manichino, ecco cosa sembro. Gli occhi di quella donna mi tengono legato, fermo, incatenato al suo stesso destino, in un tutt'uno di ombre e sentimenti martiri. Come se non avessi mai visto gli occhi di una persona uccisa. La bambina, poi. Con la manina ancora alzata sembra voglia effettuare un ultimo slancio, un ultima richiesta di aiuto, un ultima possibilità di vivere, che nessuno è stato in grado di offrirgli.
Dovrei smetterla di avere rimorsi, forse il vero problema è di natura egoista: il mio quadro familiare è pressoché identico. Io, mia moglie e la bambina. Dovrei forse telefonargli. Ma perché poi? In fondo non avrebbe senso. E' tardi, sicuramente dorme. Ma perché questa donna continua a fissarmi? Attraverso i suoi occhi spenti riesco a guardare molte cose, tutte conosciute. Riesco a cogliere le sfumature di una vita che non riusciamo mai a capirne il senso. Riesco a riordinare i fili di un tormento che non ha mai avuto freno.
E’ il tempo che passa. O sono io che passo nel tempo. Questa notte diventerà lunghissima se non mi libero di questo pensiero. Un ispettore, certo. Un ispettore rispettabile, sicuro. Un ispettore rispettabile e in gamba, figurati. Ma io adesso cosa sono? Sono un tentativo, un idea, una voglia di far bene. Sono una promessa mantenuta, un patto riuscito. Ma cosa ho io per definirmi vivo rispetto a questi corpi che definiscono morti?
Un cedimento. Una caduta. Mi rialzo forte. Più forte di prima. Più forte di quel bambino che già da piccolo fa la parte delle guardie nel gioco più facile dell’infanzia. Più forte di quel ragazzotto che non ama la scuola, ma non commette sciocchezze. Più forte di quel giovane che cerca la carriera nella Polizia di Stato. Più forte di quell'ispettore che tanti meriti ha conquistato sul suo campo di battaglia. Più forte di tutto. Ma sono debole. Sento un tarlo che danza nel mio io, forse è solo il vento che muove le foglie. Questo giorno dovrà pur passare. Sto riuscendo a muovere un braccio. Magari adesso qualcuno si accorge che sto male. No, forse sono io che dovrei accorgermi che sono gli altri a star male. Il mio agente sembra un imbecille. Continua ad aspettare la mia risposta ma non mi guarda mai negli occhi. La scena principale resta lì a terra. Cos'ha nella mano la bambina? Una bambolina! Cristo stava giocando! Nessuno si è accorto che la bambina giocava? Come si può essere così spietati? Se avessi la forza prenderei quell'uomo e lo ucciderei di botte. Fosse anche l'ultima cosa che farei. Un pensiero un pò bastardo mi ronza in testa. Vorrei tanto ringraziare Dio che mia moglie e la mia bambina sono sempre lì, a casa, magari nel letto, ignare di quanto il mondo a volte possa essere cattivo. Le abbraccerò, stanotte. O forse domani. Magari la settimana prossima. Comunque un giorno o l’altro le abbraccerò. Non so ancora che ore sono. I miei agenti non mi hanno informato. Spero solo che tutto ciò finisca presto. Non mi piace la ribalta, l’ho già detto. I dottori devono fare ancora il loro lavoro. Scrupolosi. Attenti. Imperscrutabili. Ma qual è il lavoro di un dottore? Dirti che stai morendo mentre muori? Dirti che sei vivo mentre vivi? Ricordo ancora le parole di quel medico. O comunque uomo in camice bianco. "Abbiamo rinchiuso suo padre in una cella particolare. Nelle sue allucinazioni vede una grossa aquila nera seguita da uno stormo di uccelli che invadono la stanza e lo attaccano. E’ molto pericoloso, la sua voglia di uccidere potrebbe non limitarsi a vostra madre. L'aquila e gli uccelli da cui si sente assalito sono solo il frutto di una sua pazzia omicida che ormai è incontenibile."
Balle. Mio padre fu solo un capro espiatorio per coprire il loro fallimento nelle ricerche dell’assassino di mia madre. Non so adesso di mio padre cosa ne hanno fatto. Ne avranno sicuramente costruito un matto esemplare o un fenomeno da baraccone. Che c’entrasse anche in questo delitto? Probabile. Ma l’ispettore sono io. Questo caso è mio. E il caso è chiuso. La storia è chiusa. Anche il bar adesso è chiuso. Peccato, un buon martini sarebbe stato utile adesso. Ma perché non si chiudono ancora gli occhi di questa donna? Dovrei girarmi dall’altra parte. Certo che se lo facesse lei mi risparmierebbe una faticaccia. E’ tardissimo. Sembra anche che stia piovendo. Se ricordassi il numero telefonerei a mia moglie. Inizio a preoccuparmi. Perché non chiama lei? Non l’ha mai fatto, è vero. Ma perché non l’ha mai fatto? E’ una donna unica, insostituibile. E se......No, no. E’ solo un pensiero sciocco, perfido. Devo allontanarlo. Allontanato. Chiudo gli occhi, li riapro. Non è ancora allontanato. E’ qui. Mia moglie mi tradisce? Con chi? E’ impossibile, non le faccio mancare nulla. Però sono curioso. Appena torno a casa glielo chiederò. Certo, appena torno. Appena questa stronza sarà andata a riempire un fosso nel cimitero. E tutti andremo a mangiare. O a dormire. O a controllare le nostre mogli. Cosa faccio se scopro mia moglie con un altro? Una scenata? La prendo a botte? Se fossi una persona violenta magari lo farei. Ma vi confido che odio la violenza. Anzi, la temo. Se questa donna non si alza e non pulisce il suo sangue va a finire che vado a vomitare. La valigia. Prenderei decisamente la valigia. Gli lascerei la bambina, un tesoro, ed andrei via. Magari avrei uno slancio eccessivo di lucidità e riuscirei anche a stringere la mano a entrambi. Però ci resterei male. Andare via così non è il massimo della vita. Gelosia. Dannata gelosia. Cavolo, cosa sono queste trappole? Io sono in servizio, non devo pensare alle mie paranoie. Forse è il caso di spegnere la luce e andare via. Lasciarli tutti al buio. Sarebbe divertente. Chissà se al buio questa donna continuerebbe a fissarmi, se la bambina mollerebbe la bambolina, se gli agenti si svegliassero dal torpore, se i medici la smettessero di sussurrare. Qualcuno mi cercherebbe. Ma chi se ne frega. Un giorno di vacanza non è poi la fine del mondo. Magari andrei a trovare mio padre, rinchiuso in chissà quale pianeta. Se solo smettesse di piovere…
Noto che ho mosso un piede, sto facendo grandi cose. La volontà è tutto. Sarà un segnale di Dio per dirmi che tutto sta finendo. O magari iniziando. O forse tutto scompare. Compreso Dio. Dio esiste. Io non l’ho visto, ma qualcuno dice di averlo visto. Forse Dio è il mio portinaio. Chi può dire che è lui è vero. Ma chi può dire che non è lui? Se mi chiamano a testimoniare dirò senza dubbio che potrebbe essere. La parola di un ispettore vale sempre di più. Solo con mia moglie la mia parola vale di meno. Che sia maledetta. Lei e il suo amante. O Cristo ci sono ricascato! Non devo dirlo. Non sono geloso. Lei è unica. E’ la moglie che tutti vorrebbero avere. Compreso questo scellerato che ha fatto a pezzi la propria. Ma perché questa donna non guarda suo marito? Cosa vuole da me? Un messaggio? Vuol dirmi che forse è viva? O vuol dirmi che è morta? Non sono mica un cretino, lo riesco a vedere bene. Lei è viva. Il morto sono io. Stanno aspettando me questa gente. Tra poco arriverà la solita lettiga, la solita ambulanza, il solito dottore, il solito blablabla. Sai che sorpresa quando gli dirò che respiro ancora. Perché respiro ancora, vero? Io penso. Chi pensa è vivo. Ma chi è vivo pensa? Cosa differenzia la vita e la morte? Questo sangue di chi è? E’ della bambolina con cui giocava la bambina? Ho capito. Fermi tutti. La signora ha ammazzato la bambolina, la bambina si è vendicata ed ha ucciso la mamma, poi i miei agenti hanno ucciso la bambina. Arrestate i miei agenti. Sapevo che non c’era da fidarsi di loro. Ma perché nessuno mi aiuta? Sono a terra nel sangue e nessuno mi soccorre? Vorrei chiudere gli occhi e dormire. Sono stanco. Oggi è stata davvero una giornataccia.
“Ispettore, andiamo”.
L'agente me lo ripete. Il cielo si è rabbuiato. La mano tiepida del silenzio cala come una mannaia.
Certo, andiamo. Ma mi lasci i polsi per favore, la strada la conosco.
Ci avviamo lentamente verso l’uscita, ho ancora le mani sporche di sangue. Cerco la lama che avevo in mano, ma non la trovo. Mia moglie, lì a terra, mi fissa ancora, mentre la bambina gioca con la bambolina. “Torno subito amore, aspettami per la cena”.
Non mi risponde. Valle a capire le donne. Prima tradiscono e poi fanno le offese. Ma non ci casco.
Ho finalmente capito di non essere geloso. Sto al suo gioco. Sorrido. Vado via.
Mentre dalla finestra noto un aquila nera che, minacciosa, vola verso di me.