sabato 20 aprile 2024
Racconti Quotidiani

Di Mattina

Stamani Mattina

Si alzò finalmente dal letto: stavolta era davvero deciso.
Si fece una doccia prima di vestirsi: lo aiutava a pensare, stare sotto la doccia, ed avere cura di se stesso ed essere pulito, lo facevano sentire meno in colpa, come se fosse il suo modo per dire al mondo: ”Io ci ho provato..”.Si vestì con abiti pesanti: non voleva che il freddo di novembre gli entrasse dentro e gli facesse venire paura, come se il suo corpo non fosse altro che un velo sottile, incapace di proteggerlo da ciò che gli accadeva intorno.
Scese in salotto e quasi inciampò nell’incedibile confusione che vi regnava: notò accatastata sul tavolo la posta che non apriva da giorni: comunicazioni della banca, pubblicità, un paio di cartoline e persino una lettera con il simbolo della Porche stampato sulla busta e con la scritta URGENTE a caratteri rossi; saranno stati i complimenti per il suo nuovo acquisto, pensò; la solita lettera del direttore che ti ringrazia per avere comprato l’ultimo modello superlusso. Il suo era parcheggiato nel garage da appena due giorni, ma la sola idea che quell’oggetto del desiderio di moltissimi uomini gli appartenesse, lo faceva sentire ancora più desideroso di fuggire, come se l’attrito che i suoi pensieri provocavano contro quella lamiera costosa e ricercata producesse un suono troppo osceno per essere ascoltato.Uscì nell’aria umida della mattina stringendosi nel suo caldo cappotto blu; ancora non c’era il sole. <>, pensò; anche il sole, certe volte, ha il potere di farti sentire freddo da morire; può capitare che quanto più splende e brilla e scalda le persone, tanto più ti fa sentire come un estraneo, come un fuggiasco stanco e lontano da casa di passaggio in un paese in festa; è come se tutto quel calore che ti circonda non ti appartenesse, come se non ti riguardasse, come se non potesse essere caldo anche per te. Scese nella capanna degli attrezzi e prese quel paio di cose che pensava sarebbero servite: un po’ di nastro adesivo e un tubo di gomma, poi salì in macchina. Appena arrivato fuori città, trovò una strada sterrata e isolata, accostò lungo il bordo di un campo, spense il motore e scese nel buio per preparare il marchingegno. Quando ebbe finito risalì in macchina, contento di tornarsene al sicuro dalla notte buia, come se la morte stesse al di là dei finestrini, da qualche parte nella campagna fredda, anziché lì dentro assieme a lui. Esitò a riaccendere il motore, per essere sicuro che non venisse assalito dai ripensamenti di sempre ed improvvisamente gli apparve davanti agli occhi, come se la stesse vedendo dal di fuori, la scena della sua macchina ferma sul bordo della strada deserta, con lui dentro, morto. Ed ebbe paura, inevitabilmente; tutti i motivi che gli erano sembrati validissimi e che lo avevano portato a quella decisione, adesso si stavano sciogliendo come nebbia del mattino; ebbe la sensazione che la “normalità” che tanto bramava fosse proprio a portata di mano e che gli sarebbe bastato tener duro ancora poco e allungarsi appena appena, per agguantarla e stringerla forte, con tutto il suo carico di tranquillità……discorsi vecchi, pensieri pensati e ripensati che non si erano mai realizzati, illusioni che sul momento potevano anche sembrare reali; ma lui la conosceva fin troppo bene, la sua realtà: l’angoscia e la tristezza che ad essa si accompagnavano, quell’implacabile e onnipresente senso di inadeguatezza, quella sensazione di essere la persona sbagliata nel posto sbagliato, sentire sempre la mancanza di qualcosa, senza sapere esattamente di cosa, ascoltare impotente l’eco del suo corpo vuoto ogni volta che la vita lo colpiva, la voglia di scappare, di correre lontano e di dimenticare, anzi, di essere dimenticato, cancellato dai ricordi e dagli sguardi di chi lo aveva incrociato, diventare piccolo piccolo, invisibile: se non esisti, non hai bisogno di consapevolezze, di punti di appoggio, di riferimenti; puoi svolazzare nell’aria sospinto dal vento e dall’alito delle persone che ti sono vicine, finalmente veramente vicine, senza più paura di loro, essere come un’essenza profumata di arancia che ti passa accanto ed è già sparita prima ancora che ti sia reso conto che c’era…Nessuna paura, nessun rimpianto, solo tanta rabbia e tristezza per la vita che non aveva mai potuto vivere. A tutti quelli che lo avevano accusato ed incolpato, come se non avesse mai tentato di ribellarsi, come se la colpa delle sue sofferenze fosse soltanto sua, e a tutti coloro che lo avrebbero compatito e poi giudicato entro poche ore, come se potessero sapere cosa per lui voleva dire esistere, a tutti loro pensò mentre chiudeva gli occhi gonfi di lacrime e girava la chiave….


Ogni Mattina

<>, digrignò fra i denti mentre si appoggiava sulla plastica gelida del sedile; la macchina non voleva saperne di partire. Come ogni mattina; capitava sempre ogni volta che la notte era stata così maledettamente ghiaccia. Finalmente il motore si accese con fatica e la macchina si spostò lentamente verso il centro della strada e poi giù per la statale. Come ogni mattina. Il riscaldamento cominciò a farsi sentire, con il suo vago odore di benzina, tipico delle macchine stravecchie e piano piano la temperatura dentro l’abitacolo divenne più sopportabile; già un po’ più di buon umore, accese la radio per ascoltare il radiogiornale delle 5.30, quello che veniva praticamente seguito soltanto dai guardiani notturni, dai portieri, dalle vecchiette insonni e dai pendolari come lui. Come ogni mattina. Dopo un paio di minuti notò sul ciglio della strada un macchina parcheggiata; era di un colore brillante e sembrava nuova di zecca, oltre che molto costosa; gli sembrò strano che fosse ferma lì a quell’ora del mattino, ma non ebbe tempo di pensarci perché poche centinaia di metri più avanti notò un uomo di spalle che camminava; aveva un cappotto blu che sembrava tenerlo ben al calduccio…lo invidiò! Ma poi si accorse che c’era qualcosa di strano nella sua andatura, come se stesse barcollando. Appena lo ebbe superato, guardò nello specchietto per vederlo in faccia e capì subito cosa c’era che non andava: stava ridendo, ridendo a crepapelle, sembrava quasi impazzito. Fu perplesso e per un attimo pensò di fermasi a chiedergli se avesse avuto bisogno di soccorso, ma poi lasciò perdere: era in ritardo per il lavoro. Come ogni mattina.Quando arrivò nel grande parcheggio dell’azienda per cui lavorava, spense il motore proprio mentre alla radio un giornalista diceva che l’ultimo modello della Porche era difettoso e smetteva di funzionare pochi giorni dopo essere stato acquistato e che la casa automobilistica aveva provveduto ad inviare delle lettere urgenti ai suoi clienti per invitarli ad una riparazione gratuita. <>, pensò mentre spengeva la radio e si avviava a timbrare il cartellino. Come ogni mattina.


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